In scena i ragazzi di Via Appia

Di Maila Cavaliere

L’associazione Aleph di Carla Orlandini, Nicola Galateo, Franco Miccoli e gli altri volontari ha portato a San Vito martedì sera lo spettacolo I RAGAZZI DI VIA APPIA, realizzato con i detenuti della casa circondariale di Brindisi.
Un laboratorio teatrale che piano piano ha varcato la soglia del carcere per proporsi al pubblico.

Un tentativo importante di spostare di qualche metro le nostre frontiere mentali e di farci mettere, per una volta, come cantava Gaber, dall’altra parte del cancello.
Una rivisitazione di Accattone di Pasolini ha permesso ai ragazzi di mettersi in discussione, di cimentarsi nella dimensione della possibilità, ma anche di raccontare la loro condizione fragilissima e impietosa, le loro periferie, le loro non scelte.



Dietro alle maschere bianche dell’anonimato e dell’inespressività, che indossano a volte anche prima di calarle sul viso, oggi ho conosciuto dei ragazzi semplici, che hanno sbagliato ma che possono riabilitarsi, avere un ruolo, prendersi delle responsabilità. 
Siete emozionati- ho chiesto?

Noi facciamo reati, mica ci possiamo emozionare per questo? Dice il più sfuggente, mettendo in questo presente secco una spavalderia forzata.
E invece poi prova a scherzare sulla mia introduzione e sul mio ingresso mentre c’è chi chiede quando accendere il radiomicrofono, c’è chi entra in ansia perché non ricorda la parte e chi si commuove sul palco. E tutto si scioglie in un abbraccio finale. In questa dimensione del desiderio. Del desiderio di sentirsi liberi, normali, apprezzati.

Dico dietro il palco alla fine – Io insegno, ma stasera da voi ho solo imparato. Dopo un altro abbraccio senza difese, grida quello che faceva il duro : Ehi, venite a sentire questa cosa che è proprio bella.
Grazie ragazzi per esservi messi a nudo. Grazie Carla e gli altri per aver loro regalato una prospettiva. Grazie per avermeli fatti incontrare. 
Chi non c’era ha perso un’occasione.

Sarebbe bello lo leggesse chi parla ma è sempre assente, chi non sa cosa vuol dire impegnarsi in prima persona, chi ha sempre un (pre) giudizio su tutto e tutti, chi si lamenta e basta.


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