Iraq, i caldei di Babilonia attendono la visita del Papa

Il Papa è in Iraq dal 5 all’8 marzo dopo quindici mesi di sospensione dei viaggi apostolici a causa della pandemia da Covid 19. Si tratta del primo pellegrinaggio in assoluto del capo della cristianità in Mesopotamia. L’occasione è utile per raccontare alcuni aspetti della complessa situazione religiosa che il Pontefice incontrerà nel paese asiatico da decenni al centro di controversie internazionali. La presenza dei cristiani in Iraq è antichissima e risale, secondo la tradizione, alla predicazione dell’apostolo Tommaso, l’evangelizzatore della Mesopotamia, della Persia e dell’India. Dell’Iraq si parla nella Bibbia con il Tigri e l’Eufrate, le città di Babele, Ninive e Ur.La chiesa irachena è una delle più antiche in Oriente ed è tornata sotto l’autorità del Romano Pontefice nel 1553. Al suo interno comprende diversi gruppi come i Caldei, gli Assiri e gli Assiri Antichi, ne esiste, poi, un ramo ortodosso autocefalo. Il cardinale Luois Raphael I Sako è l’attuale patriarca dei Caldei di Babilonia. Da lui dipendono tutte le eparchie nel mondo, di cui otto sono in Iraq, due in Iran, mentre a Detroit, negli Stati Uniti, esiste la comunità caldea più numerosa fuori dall’Asia; inoltre sono presenti missioni in Europa, Canada e Australia. A Roma la comunità caldea trova il suo punto di incontro e di culto nell’Oratorio dell’Epifania, nella Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri, dal 1994, per concessione di San Giovanni Paolo II. Nel 2000 è stata istituita la Procura, ovvero una rappresentanza della Chiesa dei Caldei presso la Santa Sede.In seguito all’espansione del Califfato, in Iraq, molti cristiani sono stati uccisi, altri hanno cercato riparo all’estero. La chiesa caldea si è fatta carico di allestire i campi profughi per i fedeli scacciati dalle loro case. Ai cristiani disorientati dopo la tempesta jihadista è stata dedicata la visita del cardinale Pietro Parolin, segretario di stato vaticano, a Natale del 2018. La delegazione della Santa Sede ha potuto constatare che nel Paese tanti passi sono stati compiuti e che la situazione è migliorata, ma manca ancora la piena riconciliazione a cui aspirano tutti gli iracheni. Tuttavia, c’è speranza e fervono i preparativi per poter presto accogliere Papa Francesco, dopo che il Pontefice ha personalmente espresso in diverse occasioni il desiderio di voler favorire, con la sua presenza, processi di ricostruzione sociale e di pace.



Domenica 7 marzo, il Papa sarà a Mosul per pregare per le vittime e incontrare la comunità cristiana decimata durante l’esperienza dello Stato Islamico che proprio in città costituì una delle sue roccaforti dopo averne devastato i monumenti e i luoghi di culto talvolta musulmani. Nell’ottica della rinascita, anche del patrimonio storico-culturale, il patriarca caldeo Sako, a Bagdad, ha presieduto il 18 gennaio 2019 la consacrazione del padre domenicano Najib Mikhael Moussa, quale arcivescovo di Mosul. Per padre Najib, originario proprio di Mosul, si è trattato di accogliere “una sfida enorme e una grande responsabilità” ha ammesso il cardinale Sako. Durante gli anni di occupazione jihadista il padre domenicano, ordinato sacerdote il 16 maggio 1987, ha contribuito all’opera di sostegno agli sfollati della piana di Ninive. Grazie alla sua formazione di archivista, egli ha preservato dalla distruzione parte del patrimonio culturale cristiano e non della metropoli del Nord, dove comunque le devastazioni sono state ingenti.Il nuovo vescovo ha ricevuto il compito di riavviare il dialogo e di incoraggiare gli stessi musulmani alla ricostruzione della società irachena in una prospettiva di pace duratura. Infine, egli dovrà aiutare i fedeli a “riallacciare i fili della storia a Mosul, far rinascere le chiese e i luoghi di culto, alcuni dei quali sono fra i più antichi per i cristiani d’Oriente. Essi sono parte della vita e della storia della città”, ha concluso i capo spirituale dei Caldei. Non è un caso che il nuovo presule sia un domenicano. Furono i missionari appartenenti all’ordine dei frati predicatori che contribuirono alla diffusione dell’alfabetizzazione introducendo nel Paese le tecniche di stampa più moderne nel 1860 proprio a Mosul.

Vincenzo LegrottaglieGiornalista esperto di Medio Oriente


Condividilo sui social