Mesagne, investito e ucciso in bici: si costituisce il pirata della strada
Si è costituito nella mattinata del 2 maggio presso il commissariato di polizia di Mesagne l’automobilista che la sera precedente, intorno alle 23.30, ha investito e ucciso Lamine Barro, 27 anni, cittadino senegalese, in sella alla sua bicicletta sulla strada provinciale che collega Mesagne a San Vito dei Normanni. L’uomo, dopo ore di latitanza, ha risposto agli accorati appelli delle istituzioni e dei cittadini presentandosi spontaneamente alla polizia. È stato interrogato e denunciato a piede libero con le accuse di omicidio stradale e omissione di soccorso.
Lamine stava facendo ritorno a casa dopo il turno serale in un ristorante del centro storico di Mesagne. Un altro automobilista, sopraggiunto poco dopo, ha notato il suo corpo sull’asfalto, a diversi metri di distanza dalla bicicletta distrutta, e ha immediatamente chiamato i soccorsi. Purtroppo per il giovane non c’è stato nulla da fare: il personale del 118 ha potuto solo constatare il decesso. La salma si trova ora nell’obitorio di Mesagne, a disposizione della magistratura.
Le forze dell’ordine, coordinate dal vice questore Giuseppe Massaro e affiancate dalla Polizia Stradale, hanno avviato immediatamente le indagini. Dai rilievi è emerso che Lamine indossava un giubbotto catarifrangente, la bici era regolare e il tratto stradale illuminato, fatto che rende ancora più grave la condotta dell’investitore.
Numerose sono state le manifestazioni di cordoglio e gli appelli al senso civico. Il sindaco di Mesagne, Antonio Matarrelli, ha ricordato Lamine come “un giovane lavoratore che ce la metteva tutta”, simbolo di una integrazione possibile. L’europarlamentare Valentina Palmisano ha definito la sua morte “una perdita per tutti” e ha chiesto maggiore attenzione per la sicurezza dei migranti nei loro spostamenti quotidiani.
Lamine Barro era arrivato in Italia alcuni anni fa. A Mesagne era giunto lo scorso dicembre, proveniente dal centro di accoglienza straordinaria “Green Garden” di Carovigno. Inserito nel progetto Sai (Sistema di accoglienza e integrazione), era seguito dalla Cooperativa Sociale Rinascita. Viveva in via Rosamarina, non lontano dal luogo della tragedia. Alternava il lavoro nei campi a quello nella ristorazione, per sostenere la moglie e i due figli rimasti in Senegal. Era noto per il suo impegno, la discrezione e il desiderio di costruire un futuro dignitoso.
Sulla vicenda è intervenuta anche Valentina Farina, garante delle persone private della libertà personale per la provincia di Brindisi, che ha sollevato riflessioni amare sulla condizione dei migranti in Italia: “Arrivano in silenzio, entrano nel circuito dell’accoglienza, e talvolta se ne vanno nel silenzio più assoluto, vittime di un sistema che non garantisce loro sicurezza né visibilità. Troppi muoiono per strada, spesso dimenticati.” Ha inoltre invocato l’istituzione di un osservatorio sulla sicurezza della provinciale per San Vito e la creazione di piste ciclabili protette.
La Comunità Africana, da tempo impegnata nella sensibilizzazione contro la pirateria stradale e per la tutela dei braccianti stranieri, ha ricordato come più volte siano state segnalate le condizioni di pericolo per i migranti ospitati nelle strutture di accoglienza della zona. In passato ha distribuito materiali informativi e gilet catarifrangenti per aumentare la sicurezza di chi, come Lamine, percorre strade extraurbane in bici, spesso di notte e dopo ore di lavoro.
Anche la Cgil di Brindisi ha offerto supporto legale e patronato alla famiglia della vittima, chiedendo giustizia per Lamine e maggiore attenzione per i lavoratori migranti.
La sua morte, avvenuta proprio il 1° maggio, Festa dei Lavoratori, lascia un vuoto profondo. Ma lascia anche una domanda urgente sul valore della vita, della dignità e della sicurezza di chi ogni giorno contribuisce silenziosamente alla società, restando troppo spesso invisibile.